Filosofia e territorio

Ter­ri­tori del pre­sente
Lo spazio sem­bra essere stato la prima vit­tima nella folle corsa del tempo verso l’autodistruzione. Prima ancora di annullare il tempo, l’accelerazione di qual­si­asi per­cor­renza ha reso irril­e­vanti gli spazi fisici. Essi, ormai, non con­tano più nulla, hanno perso il loro val­ore strate­gico. I luoghi sono stati minati, dis­ag­gre­gati, sman­tel­lati; sono divenuti entità fan­tasma, evanes­centi, poiché ciò che un tempo li pro­duceva – l’agire e orga­niz­zarsi local­mente degli uomini – non ha let­teral­mente più luogo. La con­t­a­m­i­nazione dei luoghi ampia­mente com­pi­uta, in ogni parte del globo. In ogni luogo sono pre­senti moltissimi altri luoghi; non vi è sen­tire locale che ancora esprima pratiche e coin­vol­gi­menti su base esclu­si­va­mente locale; sem­pre e ovunque vi è com­pen­e­trazione di fat­tori d’influenza d’altri luoghi un tempo molto lon­tani. Tut­tavia, anche l’uomo post-umano, il cyborg, il soggetto nomade, dis­sem­i­nato, polimorfo si aggiusta un suo mondo, i suoi spazi, i suoi ter­ri­tori. Sin dall’alba dei tempi, l’uomo rac­conta il mondo in cui vive, il che va inteso nel senso che per vivere in un mondo l’uomo deve rac­con­tarlo. Tale rac­conto del mondo, dello spazio, del pae­sag­gio, della patria, del ter­ri­to­rio è nel con­tempo ante­ri­ore, pos­te­ri­ore e con­tem­po­ra­neo alla vita che egli in essi conduce.

Anche i ter­ri­tori del pre­sente sono fatti di luoghi e di spazi (reali e vir­tu­ali). Nei primi come nei sec­ondi, oggi come ieri, le vicende umane, le sto­rie e le scop­erte si accu­mu­lano e si sovrap­pon­gono. La per­ma­nente inter­azione fra i dove della realtà locale e gli altrove di quella glob­ale, il “link­ing non stop” che carat­ter­izza i nos­tri andiriv­ieni quo­tid­i­ani e la costante flu­id­i­fi­cazione di ogni lim­ite con­fig­u­rano un iper-territorio, ove la coscienza indi­vid­uale e col­let­tiva è spesso iper­sol­lecitata. In un sim­ile con­testo “fare ter­ri­to­rio”, anche in quanto prat­ica nar­ra­tiva, diviene via via più oneroso.

Filosofia del ter­ri­to­rio
Una filosofia del ter­ri­to­rio ha buone ragioni d’essere. Il ter­ri­to­rio è metafora dif­fu­sis­sima, forse fra le più dif­fuse. In pres­soché ogni campo del sapere si parla e scrive di ter­ri­to­rio, anzi, al plu­rale, di ter­ri­tori: cul­tur­ali, sci­en­tifici, soci­o­logici, antropo­logici, storici, politici, lin­guis­tici, di ricerca, di apprendi­mento, dell’anima; l’elenco potrebbe allun­garsi e pre­cis­arsi quasi a dis­crezione. Ma non per questo la cir­costanza con­sid­er­ata deve insospet­tire; deve o più mod­esta­mente può però essere presa come spunto per una rif­les­sione volta a spie­gare dall’interno del con­cetto i motivi del suo vasto quanto var­ie­gato suc­cesso. Il ter­ri­to­rio è uno spazio di dominio, ossia una super­fi­cie fisica o ide­ale ove un potere, anch’esso effet­tivo o solo ide­ale, si disp­iega. Esso neces­sita di lim­iti e più pre­cisa­mente di uno o più atti di delim­i­tazione. L’istituzione di un ter­ri­to­rio è prodotta da un processo di sep­a­razione di uno spazio, che da quel momento sarà il “den­tro”, da altri più o meno defin­iti o inde­fin­iti, che invece saranno il “fuori”. Questa descrizione riv­ela oggi il suo carat­tere astratto. Infatti, il processo di isti­tuzione di ter­ri­tori medi­ante delim­i­tazione è andato col tempo sfu­man­dosi: i lim­iti non sono più tagli netti, le fron­tiere sono per­me­abili, provvi­sorie, can­gianti. I ter­ri­tori sono oggi molteplici, gli uni si sovrap­pon­gono agli altri e pon­gono in essere un numero cres­cente di inter­sezioni. Come ben riv­ela la cosid­detta crisi degli stati nazion­ali, le sovran­ità sono sem­pre più parziali e rel­a­tive, ossia con­tes­tu­al­iz­zate negli ambiti di altre sovran­ità (politiche, eco­nomiche e mil­i­tari) anch’esse parziali e rel­a­tive. Ovunque un con­fine si fos­silizzi, ovunque ai nos­tri giorni venga eretta o si tenti di erigere una cortina imper­me­abile si può dar per certa la pre­senza di una qualche patolo­gia, di una qualche forma di delirio iden­ti­tario o di potenza, di alien­azione dal reale.